Dopo gli scioperi sia contro la regionalizzazione della scuola sia contro l’intero progetto di federalismo differenziato, asimmetrico ed “estrattivo”, proclamati dai Sindacati di base il 10 e il 17 maggio scorsi e mentre, tra “politiche differenziate” a favore del Nord e tentativi, poi “sventati”, di “scippi” del Fondo di Sviluppo e Coesione ai danni del Sud, all’interno del Governo “verde-giallo” e all’interno dello stesso M5S si acuiscono le tensioni sull’autonomia differenziata, oggi i Sindacati confederali, CGIL, CISL e UIL, hanno promosso a Raggio Calabria una manifestazione nazionale unitaria su “Futuro al lavoro. Ripartiamo dal Sud per unire il Paese”.
Finalmente una pretesa di posizione contro ogni tentativo di istituzionalizzare la divisione del Paese dopo mesi in cui i Sindacati confederali, soprattutto del comparto scuola e soprattutto al Sud, da un lato, si impegnavano nel promuovere assemblee, convegni e congressi, contro ogni ipotesi di regionalizzazione del sistema nazionale d’istruzione e dall’altro, invece, cedevano alle “promesse” del Governo firmando il 23 luglio 2019 un documento d’intesa, che, tra gli altri punti, prevedeva anche l’impegno da parte del Governo di “salvaguardare l’unità e l’identità culturale del sistema nazionale d’istruzione e ricerca”, punto smentito dalla volontà dello stesso Governo di procedere nell’iter di approvazione delle Intese con le tre Regioni “golpiste” Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna.
Come recita un comunicato della CGIL del 22 giugno 2019, la partecipazione di “migliaia di lavoratori e lavoratrici, giovani, pensionati e immigrati” alla manifestazione ha dato forza alla rivendicazione della “centralità del lavoro come leva per contrastare le profonde diseguaglianze sociali, economiche e territoriali che attraversano l’Italia”.
Infatti, mentre anche tra i Sindacati di base e le forze della cosiddetta sinistra radicale non sono ancora pochi coloro che mostrano di avere più di una reticenza “ideologico-dottrinaria” nel riconoscere la questione meridionale, ossia nel denunciare l’acuirsi del divario sociale, economico e civile tra Nord e Sud Italia, finalmente, insieme alla CISL ed alla UIL, la CGIL riconosce l’esistenza del dualismo territoriale e si schiera contro il regionalismo differenziato.
Come recita il comunicato CGIL: “L’Italia è penultima in Europa per tasso di crescita del Pil, e nel Mezzogiorno il Pil pro-capite è inferiore del 45% rispetto al Centro-Nord. La disoccupazione è tra i livelli più alti della Ue, e nel Sud è al 19,4% contro il 6,8% delle regioni settentrionali, l’inattività è al 45,5% rispetto ad una media nazionale del 34,3%. Al Sud coloro che abbandonano le scuole sono il 20%, il doppio del Nord, e solo il 5,4% dei bambini può usufruire dei servizi per l’infanzia contro il 17% dei loro coetanei che vive al Nord. Inoltre, nelle regioni meridionali i posti letto per sanità e assistenza sono un terzo di quelli del Nord, crescono quindi le migrazioni sanitarie, e le famiglie in povertà assoluta sono il 10%, a fronte del 5,8% del Nord e del 5,3% del Centro”.
Ed è proprio a partire dalla consapevolezza dell’acuirsi della questione meridionale che il Segretario della CGIL Maurizio Landini ha dichiarato che: “Per noi l’Italia va unita e non divisa. Basta con le logiche dell’autonomia differenziata, che aumentano ancora di più le disuguaglianze. C’è bisogno di fare investimenti sia in infrastrutture materiali, ma anche in quelle sociali e serve una politica industriale”.
“Inoltre – ha aggiunto Landini – è sotto gli occhi di tutti la contraddizione di chi ha raccontato che saremmo un Paese invaso e che i problemi si risolvono chiudendo i porti, senza rendersi conto però che i giovani, soprattutto del Mezzogiorno, se ne stanno andando. Purtroppo questo è un modo per disperdere intelligenze e capacità a beneficio di altri Paesi più furbi che ne usufruiscono. Basta campagne elettorali. I problemi non sono risolti e la situazione è peggiorata rispetto ad un anno fa. È necessario che il Governo ci ascolti, deve ascoltare questo popolo e queste piazze e discutere assieme a chi rappresenta questa gente per decidere come cambiare davvero questo Paese”.
Dopo la mobilitazione culturale promossa, tra gli altri, da Marco Esposito, Gianfranco Viesti, Massimo Villone, Adriano Giannola e Giuliano Laccetti, dopo la mobilitazione civile alimentata dai comitati meridionalisti della rete “Il Sud Conta”, dopo la rivolta dei Sindaci di settanta Comuni meridionali contro l’“attuazione perversa del federalismo fiscale”, dopo gli scioperi proclamati dai Sindacati di base e la “rivolta” dell’intera Università degli Studi di Napoli Federico II contro la “pulsione egoista” dei ricchi, il fronte contro quello che il Presidente emerito della Corte Costituzionale Giuseppe Tesauro ha definito essere un piano “eversivo”, un tentativo di “colpo di Stato”, si è ulteriormente rafforzato grazie alla discesa in campo dei Sindacati confederali.
Ora senza più tentennamenti ed ambiguità si proceda uniti e compatti nel richiedere l’azzeramento delle Intese Governo-Regioni, altrimenti, come ha sottolineato il Governatore della Puglia Michele Emiliano: “Se passa l’autonomia ci sarà la guerra civile”.
A questo punto, tocca a Luigi Di Maio ed ai suoi accoliti fare saltare il tavolo. Avranno la sufficiente consapevolezza per farlo o puntano ad accontentarsi di un ben misero “piatto di lenticchie”?
22/06/2019 – Salvatore Lucchese